Tratto da"EVA LUNA RACCONTA",e come Sheherazade...."il Re ordinò al suo
Visir,che ogni notte gli portasse una vergine,e quando la notte era
trascorsa,dava ordine che la uccidessero.Così fece per tre anni e in
città non v'era più alcuna donzella che potesse servire per gli
assalti di quel cavalcatore.Ma il visir aveva una figlia di grande
bellezza chiamata Sheherazade...che era molto eloquente ed era un
piacere ascoltarla....."
Ti toglievi la fascia dalla vita,ti strappavi i sandali,gettavi in un
angolo l'ampia gonna,era di cotone,mi sembra e scioglievi il nodo che
ti stringeva i capelli in una coda.Avevi la pelle d'oca e
ridevi.Eravamo talmente vicini che non potevamo vederci,assorti
entrambi in quel rito urgente,avvolti nel calore e nell'odore che
emanavamo insieme.Mi aprivo il passo per le tue vie,le mie mani sulla
tua vita,protesa,e le tue impazienti.Sfuggivi,mi percorrevi,mi
scalavi,mi avvolgevi con le tue gambe invincibili,mi dicevi 1000 volte
vieni con le labbra sulle mie.Nell'attimo estremo avevamo un bagliore
di completa solitudine,ciascuno perduto nel proprio abisso rovente,ma
subito risorgevamo al di là del fuoco per scoprirci abbracciati nel
disordine dei guanciali,sotto al zanzariera bianca.Ti scostavo i
capelli per guardarti negli occhi.Talvolta sedevi accanto a me,con le
gambe raccolte e il tuo scialle di seta sulla spalla,nel silenzio della
notte che iniziava appena.così ti ricordo in quiete.Tu pensi per
parole,per te il linguaggio è un filo inesauribile che tessi come se la
vita si facesse narrandola.Io penso per immagini congelate in una
foto.Ma non impressa su una lastra,piuttosto come disegnata a penna,è
un ricordo minuzioso e paerfetto,dai volumi morbidi e dai colori caldi
rinascimentali,come un'intenzionecolta su una carta porosa o su
tela.E'un momento profetico,è tutta la nostra esistenza,tutto il
vissuto e il da vivere,tutti tempi simultanei,senza inizio nè fine.Da
una certa distanza guardo quel disegno,in cui ci sono anch'io.Sono
spettatore e protagonista,sono nella penombra,velato dalla foschia di
un tendaggio trasparente.So che sono io,ma sono anche questo stesso che
osserva dall'esterno.Conosco ciò che sente l'uomo dipinto su quel letto
disfatto,in una stanza dalle travi scure e dal soffitto di
cattedrale,dove la scena appare come il frammento di un'antica
cerimonia.Sono lì con te e anche qui da solo,in un altro tempo della
coscienza.Nel quadro la coppia riposa dopo aver fatto l'amore,la pelle
di entrambi luccica,umida.L'uomo ha gli occhi chiusi,una mano sul petto
e l'altra sulla coscia di lei,in un'intima complicità.Per me questa
visione,è ricorrente,e immutabile,nulla cambia,è sempre lo stesso
sorriso placido dell'uomo,lo stesso languore della donna,le stesse
pieghe delle lenzuola,e gli stessi angoli buii della stanza,sempre la
luce della lampada sfiora i seni e gli zigomi di lei,con la stessa
angolatura e sempre lo stesso scialle di seta e i capelli scuri cadono
con identica delicatezza.Ogni volta che penso a te ti vedo così ,ci
vedo così,fissati per sempre su quella tela,invulnerabili alla
corrosione della cattiva memoria.Posso divagarmi a lungo su quella
scena,fino a sentire che entro nello spazio del quadro e non sono più
colui che osserva,ma l'uomo che giace accanto a quella donna.Allora si
spezza la simmetrica quiete del dipinto e sento le nostre voci
vicinissime:Raccontami una storia " ti dico
"Che storia vuoi?"
"Raccontami una storia che non hai mai raccontato a nessuno"
Rolf Carlè
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